martedì 15 febbraio 2011

Varrone

Varrone è una figura molto rappresentativa del suo tempo: straordinariamente dotto, pieno di interessi in tutti i settori dello scibile, poligrafo, studioso e scrittore infaticabile, egli godette in vita di grande autorità e nelle età successive esercitò un influsso notevolissimo sulla cultura romana.
Marco Terenzio Varrone nacque da una ricca e nobile famiglia di possidenti terrieri, nel 116 a.C a Rieti. Fece studi accurati sia a Roma sia ad Atene, dove frequentò le principali scuole filosofiche; nel campo della filosofia assunse una posizione non diversa da quella di Cicerone, critica ed eclettica, con una preferenza per la Nuova Accademia.
Intraprese la carriera politica aderendo alla parte degli ottimati e legandosi a Pompeo, di cui fu collaboratore nelle campagne militari in Spagna e in Oriente. Nel 49 a.C allo scoppio della guerra civile, era propretore di Pompeo nella Spagna Ulteriore: Cesare nel De Bello Civili racconta i suoi tentennamenti e il suo debole tentativo di difesa della provincia contro i cesariani, seguito ben presto dalla resa. Dopo la sconfitta della parte pompeiana, fu in ottimi rapporti con Cesare, che rese omaggio alla sua eccezionale competenza culturale affidandogli il compito di sovraintendere all'organizzazione di due nuove grandi biblioteche pubbliche, una greca e l'altra latina: il progetto rimase incompiuto per la morte di Cesare.
Dopo le idi di Marzo Varrone riuscì a salvarsi dalle proscrizioni per l'intercessione di un amico e visse ancora a lungo, ingraziandosi Ottaviano con l'opera De gente populi Romani( perduta) in cui confermava con la sua autorità di antiquario l'origine divina della gens Iulia. Morì novantenne nel 27 a.C. Di Varrone le fonti antiche ricordano un numero impinente di opere, + di 70, per un totale di oltre 600 libri. Di esse una sola, il De re rustica ci è pervenuta integralmente; parzialmente conservato è il trattato grammaticale De lingua Latina; di altre opere, come vedremo, possediamo soltanto frammenti.
De rustica
Il De re rustica è un dialogo in tre libri, in cui l'autore( che possedeva immense proprietà terriere da cui ricavare laute rendite) dà precetti e consigli relativi all'attività agricola, ponendosi sulla linea di una tradizione inaugurata da Catone il Censore con il suo De agri cultura. Con quest'opera Varrone vuole affermare valori genuinamente romani. Egli aspira al patriottismo, al nazionalismo e il richiamo alle tradizioni antiche sono gli IDEALI AI QUALI EGLI SI ISPIRA IN TUTTA LA SUA PRODUZIONE LETTERARIA.
L'opera fu pubblicata da Varrone nel 37 a.C, lo si deduce dal proemio nel quale,dedicando il libro alla moglie Fundania, l'autore afferma di aver compiuto 80 anni. Usa uno STILE semplice e poco elaborato e predilige la forma del dialogo. Egli non scrive un semplice trattato come quello di Catone ma un dialogo in cui fa parlare, oltre a se stesso vari altri personaggi contemporanei. Ai tre libri corrispondono tre dialoghi, ambientati in luoghi e in momenti diversi. 1 libro: coltivazione dei campi; 2 libro allevamento del bestiamo 3 libro villatica pastio cioè dell'allevamento nella villa di animali da cortile e di altre specie pregiate. L'esposizione è improntata a grande concretezza e a un pragmatismo tipicamente romano; essa rispecchia l'esperienza del ricco possidente terriero capace di apprezzare i vantaggi igienici e i pregi estetici della vita di campagna ma anche molto attento agli aspetti economici. In questo Varrone è simile a Catone interessato all'utile e al guadagno. Il possidente terriero non è più il medio o piccolo proprietario ma il latinfondista padrone di immensi poderi e ville. Rimpianto del buon tempo antico e sobri costumi del passato. L'uccelliera di Cassino comprende un ameno boschetto, canali piscine , è attrezzata in modo che si possano tenere eleganti banchetti ( agi e lussi in cui vivono i possidenti Varrone ne fa parte) Nel De Rustica si ha un trattamento più civile agli schiavi che nel de agri cultura, Varrone tiene la distinzione tra tre tipi di strumenti di lavoro: vocale(servi), semivocale(buoi) e mutum(carri).

Cornelio Nepote

Originario della Gallia Cisalpina( Di Ostiglia), Cornelio Nepote nacque intorno al 100 a.C e morì in un anno imprecisato, sotto il principato di Augusto.
Visse a Roma, dove occupò un posto non secondario nella società colta del suo tempo. Come Attico, di cui fu amico, si tenne sempre lontano dalla vita politica e forse ebbe anch'egli il dono di sapersi accattivare le simpatie di personalità profondamente diverse, quali furono quelle di Catullo e di Cicerone. Ammirazione e stima reciproche sono attestate dalle parole con cui Catullo dedica a Nepote le sue nugae, elogiandolo per aver osato di svolgere tutta la storia in tre libri. La sua amicizia con Cicerone risulta invece attestata dalle epistole di Cicerone a Nepote e di una grande biografia del grande oratore composta da Nepote. L'opera a cui si riferisce Catullo nella dedica era intitolata Chronica: si trattava di un succinto compendio di storia universale fondato su repertori cronografici greci, nella cui esposizione Nepote aveva inserito i fatti romani, con lo stesso metodo che più tardi avrebbe impiegato san Gerolamo nel suo Chronicon. La raccolta di Exempla riportava notizie di vario genere relative alla storia, alla geografia, alla scienza e al costume, con particolare propensione per le curiosità.
Il De viris Illustribus
Cornelio sviluppa il genere biografico, egli ne rappresenta per noi il primo cultore a Roma. Egli compose un'opera di vasto respiro e carattere enciclopedico, in almeno sedici libri, intitolata De viris Illustribus. Adottando una consuetudine giàm impiegata dai biografigreci, egli suddivise i personaggi biografati in categorie, ciascuna delle quali comprendeva una sezione dedicata agli stranieri ( greci) e una ai Romani. è certa la presenza della categoria dei condottieri e degli storici, molto probabile quella dei re, dei poeti e dei grammatici. Dell'opera restano: il Liber de excellentibus ducibus exterarum gentium, che raccoglie le biografie di 19 greci, un asiatico e due cartaginesi; inoltre le vite di Catone il Censore e di Attico tratte dalla sezione De Latinis Historicis. Lo scopo dell'accostamento di Romani e stranieri è ovviamente quello del CONFRONTO che non viene sviluppato dall'autore ma viene lasciato al libero giudizio del lettore. L'assenza in Nepote di ogni pregiudizio nazionalistico è dimostrata dalla simpatia con cui egli tratteggia la figura di Annibale( tradizionale nemico di Roma) Il genere biografico conferisce il massimo risalto alle qualità del personaggio che è il protagonista della narrazione. Tutte le "Vite" sono accomunate da un'ingenua e moralistica ammirazione per le virtù, da un uso disinvolto e selettivo delle fonti storiche e da una costante attenzione per la vita privata dei personaggi. Per il resto le singole biografie differiscono notevolmente tra loro sia per estensione sia per impostazione. In alcune si ravvisa la disposizione cronologica lineare, dalla nascita alla morte del personaggio; in altre è adottata invece la disposizione per rubriche, che prescinde dall'ordine cronologico ed espone la vita per aneddoti, che illustrano il tema di volta in volta trattato. La maggior parte delle "Vite" mostra una libera combinazione dei due tipi. Qualcuna poi sembra rifarsi al modello retorico dell'ELOGIO, con l'ordinata enumerazione dei beni concessi al personaggio dalla fortuna, delle sue doti fisiche e delle qualità morali. L'opera nonostante tutto risulta piuttosto monotona sopratutto per la scarsa capacità dell'autore di penetrare la psicologia dei personaggi. La più interessante tra le vite è quella di Attico composta e pubblicata quando l'amico era ancora in vita e completata poi in una seconda edizione dopoa la sua morte ( nel 32 a.C) Benchè impostata come un ininterrotto elogio delle innumerevoli virtù di Attico( affidabile, generoso...) questa biografia riesce meglio a offrire dell'uomo un ritratto non stucchevole nè superficiale ma cordiale, vivo e autentico.
Anche lo stile di Nepote è piuttosto diseguale per lo più semplice e chiaro, a volte monotono e dimesso per la successione di frasi molto brevi e l'abuso dei dimostrativi (hic) rivela tuttavia ambizione di ricercatezza nell'uso degli artefici retorici, nell'inserimento di termini arcaici e poetici, nel tentativo di usare di tanto in tanto lo stile ampio e ipotattico di Cicerone, di cui però Nepote riesce molto di rado a riprodurre l'equilibrio e l'armonia.